Quote Rosa: Francesca Boscarelli, passione, sport e famiglia in punta di spada

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La nota tridimensionale dell’essere donna ci porta oggi ad incontrare una sportiva di valore , una spadista nazionale con ambizioni olimpiche, una giovane donna che, sebbene madre, vive con passione pulita, concentrazione, grinta e carattere la sua pratica sportiva, ma anche il suo essere donna. Conscia delle sue responsabilità, ma mai disposta ad abdicare alla sua libertà e alle sue idee, curiosa nei confronti del mondo, ma con convinzioni molto chiare in relazione alle discriminazioni nei confronti dell’universo femminile, consapevole delle difficoltà di fronte a cui si pone l’essere donna, ma determinata nell’indicarne la via di uscita.

Chi è Francesca Boscarelli?
Sono una donna, non saprei come descrivermi, sono un’atleta sicuramente, una mamma, ho 29 anni.

Sappiamo che lei pratica lo sport della spada, da quanto tempo?

Da quando avevo dodici anni, con qualche interruzione, in modo particolare quando ho avuto mio figlio Giulio all’età di venti anni. E’ stata ed è una passione lunga nata a prima vista che è poi diventata un lavoro. Essere pagata per seguire una tua passione è comunque sorprendente, considerato che forse avrei pagato io per poter continuare a seguire il mio sogno.

Perché proprio la spada?
Ci sono tre armi: spada, sciabola e fioretto, ma quando giovanissima, a dodici anni, ho partecipato a delle gare, in quella di fioretto mi classificai trentaduesima, nella spada fui quarta e questo risultato mi ha incoraggiato. Quando ho iniziato, la spada non era neppure uno sport femminile. Credo lo sia diventata nel ’90, per questo sono stata una delle prime spadiste.

Quando ha iniziato a gareggiare?
Nel ’94, agli inizi di questo sport in ambito femminile. La sciabola è diventata femminile dopo qualche anno che stavo in nazionale. Potendo scegliere adesso, la sciabola è forse l’arma che mi si addice di più. La spada è però la mia sfida.

Le armi sono simbolo di potere?
Sicuramente sì, anche se credo che parlare di arma in senso di strumento di morte sia sbagliato, in quel senso io penso ad una pistola, che mi fa un orrore pazzesco,la spada è un’arma con un codice diverso. Anche riferendosi alle tre armi della scherma, non mi viene in mente un significato negativo da attribuire loro. Per me la spada è uno strumento sportivo come può esserlo un pallone nel calcio, non un’arma di offesa.

Qualche differenza o discriminazione tra atleti e atlete in questo sport?
Siamo tutti uniti da un comune denominatore che è lo sport, anche se, come accade forse in ogni ambito, ho sempre più la percezione di differenze pazzesche fra il comportamento della panchina maschile e quella femminile. Ad esempio, in gare a squadre, se l’uomo sbaglia, la panchina lo incoraggia lo stesso, mentre se succede a una donna vedi facce adirate e cominciano a dirti cosa fare.

Nel 2007 ha ottenuto il titolo italiano di spada…
La mia storia non è liscia, ma complicata da tante cose. Quella del 2007 è una data che rappresenta per me una rivalsa, ero stata ferma per un anno per la maternità, quando sono tornata alle gare mi hanno reinserita , ma è stato difficile tornare al mio posto. Successivamente al mio rientro è stata fatta una legge che tutela l’atleta in maternità per cui, al rientro dopo una gravidanza, si è reintegrati al posto o livello nazionale che si occupava prima della gravidanza. La perdita di quella posizione dunque dipende solo da te. Quando è capitato a me, non c’era questa legge; ci ho messo tre anni per entrare in un gruppo sportivo, il calcolo della posizione di qualifica veniva fatto sui risultati dell’ultimo anno ed io non avevo risultati. Ho impiegato perciò tre anni per rientrare in un gruppo sportivo ed essere convocata per un mondiale, per questo motivo il risultato del 2007 è stato per me una soddisfazione doppia. Sempre nel 2007 ho fatto una finale mondiale classificandomi sesta e nel 2008 ho raggiunto la medaglia di bronzo nella finale mondiale di squadra di Kiev.

Cosa rappresenta la presenza di un figlio per una donna atleta?
Mio figlio non viene spesso con me, anzi quasi mai, quella della premiazione del titolo italiano è stata possibile perché la cosa avveniva a Napoli e vennero anche i miei ed io ero contenta. Ora ha 10 anni, ma quando era piccolo era difficile portarlo con me. Rimane il fatto che se c’è mi fa piacere. E’ difficile raccontare com’è avere un figlio.

Lei è sposata?
No, io e il mio compagno ci siamo lasciati senza sposarci.

Dunque la sua è una doppia responsabilità.
E’ sicuramente una responsabilità dovuta a circostanze che non ho voglia di raccontare perché non c’è stato dall’altra parte qualcuno che ti aiutasse.

Come ha dunque conciliato l’impegno sportivo con la famiglia?
Con l’aiuto dei miei genitori, a maggior ragione per la situazione particolare, non avrei potuto fare niente senza il loro aiuto, anche perché sono stata tre anni senza guadagnare una lira, solo una borsa di studio che non ti permette di vivere. Neanche la scherma ti consente di vivere, però prendo uno stipendio da militare e questo mi aiuta.

Ha appena detto che con la scherma non ci vive, ma come giustifica il fatto che ci sono sport che sono particolarmente ricchi, super pagati, mentre altri, come il suo, sono poco remunerativi?
Anche nella scherma molto dipende dai livelli raggiunti, la Vezzali sta sicuramente meglio di me, pur essendo nazionali tutte e due, pur con armi diverse. Se vinci guadagni di più e questo è accettabile, ma non guadagnerai mai quanto una tennista uscita al primo turno; vedi il mio caso che, uscita dall’ultima gara nel Quatar, ho portato a casa solo qualche spezia.

Siamo prossimi alle Olimpiadi di Londra, pensa di parteciparvi?
Mancano tre gare per la qualifica in quanto ,su quattro, questa è andata male e non doveva. Tuttavia se le prossime tre gare andranno bene, come spero, ci dovrebbe essere la convocazione alle Olimpiadi.

Lo sport è sempre stato prerogativa maschile, Ondina Valli è stata la prima donna nello sport agli inizi del ‘900. Cosa è cambiato, secondo Lei, da allora, e cosa ha permesso l’integrazione della donna anche nello sport?
Il tempo ha dato alle donne il modo di imporsi un po’ di più. Noi siamo culturalmente impostati in un modo, ancora adesso è così, con tutte le buone volontà di cambiamento ed emancipazione, per cui spesso si fa solo finta di assumere un atteggiamento più emancipato. Sicuramenteè la consapevolezza che si raggiunge con il confronto con altre culture ed altri modelli di vita che consente il cambiamento. Si nasce e si vive in un posto e tutto sembra normale, ma è il contatto con gli altri ed il confronto, anche viaggiando, che fa maturare la consapevolezza di un diritto o della necessità di un cambiamento. Sono state aperte tante frontiere che hanno fatto maturare la consapevolezza di ciò che si vuole, vedi l’utilizzo di internet. Io credo che storicamente è questo che ha permesso alle donne di veder riconosciuti alcuni diritti anche in ambito sportivo.

Nonostante questi cambiamenti, vi sono tanti paesi e culture in cui non ci sono, ancora oggi, donne che praticano lo sport, e se ce n’è qualcuna fa eccezione…
E’ vero, ho avuto esperienza, soprattutto nel mondo arabo, di donne completamente coperte con i soli occhi scoperti ed è un’immagine forte perché non è la stessa cosa che vederle in televisione. Io credo che sia un fatto di comunicazione: siamo persone diverse e chi nasce e vive in un posto trova naturale certi comportamenti.

Ma queste donne di cui parlava, come guardavano voi atlete occidentali, con curiosità, con invidia o cosa?
Il loro sguardo è quello di chi vede cose nuove e strane che ti possono impressionare, ma sta a casa e le guarda con distacco.

E gli uomini invece come guardano queste donne di una cultura diversa?
Gli uomini di quelle terre non hanno contatti con le donne finché non si sposano. Forse c’è una parte di loro che vorrebbe cambiare le cose ed uscire fuori da quei cliché, ma come si fa se non c’è l’aggancio con una persona o situazione diversa? Gli uomini di cultura araba che girano nei nostri ambienti sono poi curatissimi e profumatissimi, molto ricchi.

Ma ci sono anche quelli meno ricchi…
Sì, ma comunque hanno leggi ed un codice di comportamento per il quale puoi lasciare tutto in giro senza che nessuno tocchi niente, anche perché le punizioni per chi tradisce le leggi sono molto severe. Vivere in quel contesto, dunque, ti fa cambiare il pensiero. I ricchi sono un po’ strani,tutti molto delicati, ma distanti. Uno sceicco mi ha regalato un tappeto, ma anche in questi gesti si nota una certa distanza.

Ha esperienze di atlete della spada di cultura islamica o di altra cultura?
Conosco una ragazza musulmana spadista, tunisina, penso sia ricca ed abita a Parigi, si allena a Parigi e comunque fuori del suo ambiente, anche se ha un fidanzato in Tunisia e dunque deve sottostare alle leggi del suo paese. Anche qui si nota il peso della cultura che non combacia con la realtà, anche se lei balla benissimo e tutti impazziscono per lei, ma lei non può…

Ci sono atlete che praticano lo sport completamente coperte da una tuta….
Mi è capitato di vederne in Quatar, ma anche li è la cultura…

E se vengono a gareggiare in occidente?
Non cambia nulla, è uguale, si coprono come nel loro paese. D’altra parte mi diceva qualcuno in Quatar che sono loro donne a scegliere il tipo di indumento da indossare, quanto coprirsi, ovviamente limitatamente alla porzione di viso da coprire.

Gli sport femminili, compreso quello che lei pratica, sono spesso fuori dai riflettori dell’informazione e dell’attenzione…
Sicuramente questo è effetto di una discriminazione che nasce fin da bambini. C’è da dire però che anche visivamente, a proposito delle gare di spada, quelle maschili sono più belle da vedere di quelle femminili, perché i maschi sono più forti, più veloci.

Ma la gestione del gruppo, nello sport, non è la stessa?
No, la gestione del gruppo uomini o donne è diversa. E te ne rendi conto, come del resto accade in ogni ambito della vita di relazione. Dovresti ribellarti ogni volta, ma la cosa è così interiorizzata che, pur con qualche eccezione, finisci con l’accettarla come normale , facendo spesso fatica ad accorgerti del diverso modo di porsi nei tuoi confronti. Ripeto, la cosa accade, secondo me, in ogni contesto, rimane il fatto che sono forme di forte discriminazione.

In passato le schermitrici che praticavano la spada, potevano usare solo la spada con l’impugnatura “francese” e non quella “anatomica” utilizzata dagli uomini, considerata troppo pericolosa. Cosa o chi ha contribuito alla cancellazione di quest’ultima forma discriminatoria?
E’ già da tempo che non ci sono più queste differenze; l’anatomica è un’impugnatura simile a quella di una pistola che ti da un controllo più forte dell’arma. La francese è un manico, ma il fioretto aveva prima l’impugnatura italiana che era ancora diversa. Io però non ho conosciuto queste forme di differenziazioni. Oggi l’impugnatura è tutta francese perché è diventato tutto più sport, prima non c’erano apparecchi elettrici e quindi doveva essere tutto più pulito per poter vedere le stoccate; si accusava il colpo, oggi le strutture elettroniche hanno eliminato queste metodiche. In queste tecniche non c’è molta differenza tra uomini e donne.

C’è un personaggio dello sport a cui si è ispirata?
No. Quando ero più piccola c’è stato più di un maestro a cui ispirarmi, come Sandro Cuomo, noto sportivo olimpionico, ma un personaggio in particolare no.

Come si trova con il gruppo con il quale lavora?
Il gruppo è ampio, ma le convocazioni per le gare oscillano da 6 ad 8; solo 3 andranno alle olimpiadi, un gruppo poi alla fine molto ristretto. Prima dell’ultima gara che ho perso ero quinta, speriamo di risalire in graduatoria. La cosa importante è continuare a vivere tutto come una passione che ti da la forza e la voglia di continuare senza paura.

“Quote rosa”: ritiene che sia giusto, ancora oggi, parlarne e richiamare l’attenzione ai diritti delle donne?
Istintivamente mi sembra discriminante solo parlarne, mi pare solo un atto di ipocrisia nei confronti di qualcosa che non va. Nessuno mette le quote per quelli che, ad esempio, hanno i capelli bianchi…

E l’8 Marzo , che significato ha?
Storicamente ha avuto ed ha un significato, oggi la situazione è cambiata ed a me paiono strane quelle donne che in occasione dell’8 Marzo vanno a festeggiare. Il discorso è più profondo, deve diventare norma che siamo tutti esseri uguali, non la normalità che appiattisce e spegne la ricchezza della diversità, ma la normalità che valorizza le capacità e le differenze a prescindere dal sesso. Nel momento in cui io sono oggetto di una quota vuol dire che sono sfigato.

Quali ancora oggi i diritti negati alle donne? Quali invece quelli pienamente raggiunti?
Assolutamente non abbiamo raggiunto tutti i diritti, è un dato di fatto. Siamo in evoluzione anche se con un processo lento ed anche qui , io credo, tutto è riconducibile alla comunicazione ed alla possibilità di confrontarsi. C’è molta strada da fare perché è la cultura che ci tramandiamo che immobilizza il riconoscimento dei diritti.

Ma lo sport, può essere una via di emancipazione?
Sicuramente nello sport hai la possibilità di scrollarti di un po’ di stereotipi, anche perché lo sport è forse l’unica via diretta, vado avanti se valgo e dunque ottengo, il tutto mosso da una cosa fondamentale che è la passione che è la cosa più vera e pulita. lo sport è sicuramente la sensazione più limpida che parte e arriva pulita.

Se dovesse consigliare qualcosa alle giovani donne di oggi?
Non farsi prendere in giro da nessuno, essere convinte sempre che ciò che si pensa è possibile e vero. Esistono tanti uomini che utilizzano dei metodi sbagliati per soddisfare i loro bisogni senza problemi e la donna è una preda facile, perché è come i bambini in alcuni contesti, nel senso che ti mettono addosso la sensazione che tu non sei capace di fare le cose. Ti viene insegnato ad avere un atteggiamento da donna e la maggiore responsabile è la scuola , è il luogo in cui si comincia ad avere paura di essere uguali al compagno di banco. Se è un lui può dire di avere voglia di fare qualsiasi cosa, tu no, tu non puoi dire che vorresti “scoprire l’adolescenza”, devi essere quella che deve dire di no, ti segnano dunque delle cose sbagliate e tu cresci e te le porti dietro. Ovviamente la scuola intesa anche come famiglia, società, ma la scuola è il luogo dove si insegna la bravura del principe che riceve in cambio la principessa in premio. E se alla principessa il principe non piacesse? E questo atteggiamento di inferiorità te lo porti dietro. Le quote rosa servono solo a dimostrare un’inferiorità che altri ci hanno messo addosso.

Una donna per affermarsi deve fare meglio o il doppio di quello che fa un uomo?
Più che fare il doppio deve avere meno scrupoli, essere più dura e fare solo ciò che veramente vuole.

E’ una cosa negativa questa nostra “fragilità”
Ma di quale fragilità parliamo? La donna partorisce e fa un sacco di altre cose. Gli uomini dichiarano di non saper fare cose che non hanno mai pensato di fare, come stirare, ma perché? Semplicemente perché non glielo hanno insegnato, a noi donne viene insegnato. Non esistono cose da donna e da uomini. Ci sono società matriarcali in cui le donne fanno ciò che normalmente fanno gli uomini e viceversa. Nella nostra società la donna deve superare tutta una serie di pregiudizi che le rendono difficile l’affermazione.
Eusapia Tarricone



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