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Gente di Benevento di Carlo Panella fa battere i cuori

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«La mia generazione ha pensato, voluto e tentato di cambiare il mondo. Non vi è riuscita appieno, nel contempo ingombrando il campo, con le sue idee e la sua musica, in maniera eccessiva. Ancora oggi, verosimilmente, non accetta lo scorrere del tempo. I giovani, invece, hanno un disperato bisogno di spazio. Smontiamo, allora, il nostro ego ipertrofico e permettiamo che il loro si dispieghi. Ne hanno diritto, oltre il merito. Loro potranno rendere Benevento migliore di quella che è stata in passato, migliore di quella che è».

 
Con queste parole, l’autore di Gente di Benevento, Carlo Panella, ha chiuso il terzo incontro letterario di sabato 14 luglio, all’interno della manifestazione Quattro Notti.
 
Piazza San Bartolomeo si è trasfigurata, infatti, in una fucina di scrittori e lettori. Se, alle 20, si è principiato con l’atteso Giulio Andreotti e il suo “1953. Fu legge truffa?”, alle 21:15, in un’esemplare staffetta, hanno raccolto il testimone Pietro Grasso e Francesco La Licata,
presentando il loro “Pizzini, veleni e cicoria”.
Alle 22:35, con un leggerissimo ritardo rispetto alla tabella di marcia programmata, hanno conquistato il palco il medico Gino Abbate, la docente Miriam Castracane, il giornalista Achille Mottola, l’avvocato Giovanni Romano. Tutti invitati a discutere e riflettere sulla prima opera narrativa del giornalista Carlo Panella. Gente di Benevento è, infatti, la raccolta dei racconti pubblicati, da maggio a novembre, sul Quaderno Settimanale, con lo pseudonimo di LDL, ed edita dal Quaderno editrice, nel dicembre 2006, sotto forma di audiolibro.
 
Achille Mottola, splendido e perfetto moderatore della serata, ha così accolto il numeroso pubblico: “Il colpo d’occhio è meraviglioso. Avevo immaginato un cambio da comizio elettorale, visto il susseguirsi di incontri con l’autore, questa sera. Mi ritrovo, invece, innanzi a una platea attenta. Del resto Carlo Panella non poteva essere accompagnato né da slogan, né da titoli, da giornalista qual è. Ha regalato a noi italiani, ultimi in Europa come lettori, qualcosa da leggere, ma pure da ascoltare. Quando le parole terminano comincia, infatti, la musica. L’audiolibro è un prodotto editoriale che, lungi dall’esaurirsi nel mero testo, regala con i due audio-cd pure le splendide recitazioni di Michelangelo Fetto, di Tonino Intorcia e della giovane Alice Guarente. Ma non solo. Ha il grande pregio di racchiudere le musiche originali di Antonello Rapuano, splendidamente eseguite da Monica Pepicelli e Selene Pedicini. Allora, come attuale presidente del Conservatorio Nicola Sala, invito l’autore, nella sua prossima opera, ad allegare pure gli spartiti, per donare le note e non il solo, seppur già splendido, ascolto di esse. Gente di Benevento è sintesi non solo delle persone, pure dei luoghi della città. Le persone invitate non fanno che ricalcare questa idea sottesa, cittadini esponenti di diverse zone del centro abitato, quali sono”.
 
Così, Giovanni Romano, presa la parola, ha immediatamente evocato lo scenario della sua infanzia: “Il Triggio era un mondo fantastico, il cuore pulsante della città. Ricordo quando, bambino, correvo nell’edicola di Ezio, antistante il Duomo, a comprare il Corriere dei Piccoli. I personaggi che costellavano il mio tragitto erano straordinari, non c’era basso nel quale non fossi invitato a pranzo, passando innanzi agli usci. Quella era un’umanità fatta di cuore e sensibilità. Nel testo, la descrizione circostanziata dei luoghi accompagna quella dei sentimenti, dei modi di agire e pensare dei beneventani. La clandestinità, poi, viene analizzata da una prospettiva ambivalente. Se l’amore struggente pur viene evocato, più incisivo forse è quell’amore rozzo e menzognero, strenuamente celato dal perbenismo sannita. Il testo mi ha toccato. L’ascolto mi ha regalato delle percezioni ultronee rispetto alla sola lettura, i racconti hanno evocato la sensazione di scorgervi qualcuno. L’incontro reale con delle persone, dopo di essa, poi, ha rimandato ai protagonisti del libro, in uno scambio vicendevole”.
 
Miriam Castracane, esponente della Zona Alta, complimentandosi per l’originalità della realizzazione editoriale, ha sottolineato quanto gli fosse risuonato familiare quel sottile sistema di raccomandazioni, più volte denunciato nel libro, ma non solo: “Gente di Benevento è storia di costume, forma leggendaria saldamente ancorata al fatto. Carlo Panella è, infatti, innanzitutto un giornalista. Il dato fattuale viene, poi, interpretato in una splendida chiave suggestiva, dalla sua contemporanea, profonda sensibilità. Carlo Panella non ha voluto insegnarci a essere beneventani, ci ha semplicemente trasposto, gettando luce sulle nostre manchevolezze. La critica non è fine a sé stessa. Fa sorgere, piuttosto, un intimo desiderio di emenda. E’ spirito costruttivo”.
 
Gino Abbate, col suo studio medico al Rione Libertà, è stato chiamato non tanto a rappresentare la zona, quanto a farsi portatore delle sue, troppo spesso violate, esigenze.
“Sono stato felice di questa chiamata. Considero Carlo uno dei pochi intellettuali liberi di Benevento. Ho, più volte, scorso il suo libro. Se alla prima lettura mi ha pervaso la tristezza, la seconda me l’ha addirittura accentuata. L’ho, successivamente, ascoltato in auto. Il pathos che scaturiva dalle interpretazioni mi ha, definitivamente, reso melanconico. Mi sono più volte interrogato sul perché. Un medico, quando non riesce a catalogare i sintomi di una patologia, si allarma! Poi, forse, ho compreso. La tristezza proveniva dal fatto che Carlo avesse perfettamente fotografato Benevento: una città papalina, borghese, dove tutto viene metabolizzato dal perbenismo imperante. La droga, l’usura, la stigma sociale della differenza di classe sono, in un certo senso, nascoste, e per tale via non sradicate. E’ stato, insomma, come ricevere uno schiaffo in pieno volto. La città ha tanti mali. E’ ad esempio multirazziale ma non multiculturale. La solidarietà, per lo più, è visiva e massmediatica. Per gli stranieri non c’è accoglienza, né programmi d’integrazione. Le istituzioni latitano, perbeniste in piazza, rinneganti i diritti minimi, poi, nei fatti. Perché, allora, leggere il libro di Carlo? Perché è scritto da una persona intelligente, severa innanzitutto con sé stessa, solo dopo col mondo circostante. Per avere l’illusione di non essere sempre, e solo, degli imbecilli”.
 
L’imbarazzato autore, più volte chiamato a svelare la chiave dei suoi racconti, ha poi, finalmente, preso la parola: “In genere faccio domande. Non mi sento, così, preparato a dare delle risposte! Ringrazio il Comune di Benevento e l’associazione Iside Nova per l’ospitalità, ma pure le persone accorse e l’editore, il Gruppo De Vizia, che mi ha consentito di realizzare questa esperienza. I racconti, dapprincipio, sono stati pubblicati con uno pseudonimo di fantasia. Non volevo essere condizionato da giudizi, positivi o negativi che fossero. Solo Mariano Iadanza, autore della bella introduzione dell’audiolibro, era al corrente dell’espediente adottato. Volevo, insomma, dei giudizi critici autentici. In ognuno dei 20 racconti c’è qualcosa di reale, così come elementi puramente immaginari. Ci sono tratti autobiografici, ma nessun racconto è interamente autobiografico. E’ stato un parto, dell’immaginazione e dell’osservazione. Ho tentato di sondare cosa celasse l’indistinto di tutte le persone. Ci sono frangenti tristi, ma pure ilari e divertenti. Poi, c’è l’universo che arranca, quello delle persone in difficoltà: disabili, carcerati, anziani, giovani prigionieri dei sottili meccanismi di prigionia familiare. Forse, il racconto a cui sono più legato è proprio Coraggio e paura in secondo piano ché troppo spesso la famiglia diviene limite alla crescita individuale. Il conformismo esacerbato obbliga a corrispondere a canoni determinati. Lasciamoli liberi, allora, i giovani e le giovani di Benevento! Di vivere, finalmente, la propria vita, qualunque essa sia. Faranno, probabilmente, meglio di noi”.
 
Achille Mottola ha regalato, infine, una toccante chiosa alla bella serata: «Carlo ha dipinto delle belle pagine impressioniste, con fare elegante e scanzonato. La chiave affettiva risiede nell’ultima pagina. Lì prende per mano la giovane figlia, prima nel suo cuore, facendo battere i nostri. Ma lasciamo a lui la descrizione del pulsare”.
 
“Il cuore batte a tutti più forte, in cima alle scalette dell’Annunziata, qualsiasi peso ognuno porti con sé”.
T.N.   



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