Sound&Vision: Cort’Ap – La Fuga

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“….ogni giorno la mia città nasce e respira
compie un battito d’ali
la sera brucia
agonizzante, per poi morire
…ogni giorno.”
Con queste parole, recitate con tono della voce fermo e quasi sofferente su uno schermo saturo di nero, parte l’incipit del cortometraggio La Fuga di Iacopo Di Girolamo.

Di madre inglese e padre napoletano vive la sua formazione tra queste due realtà geografiche. Le sue parole potrebbero far pensare ad un atto di denuncia ma soprattutto di odio verso la sua città natale, eppure lo schermo nero si illumina subito dopo con le note di un classico della musica partenopea “Te voglio bene assaie” . E subito la musica è resa protagonista da immagini vitali e vive, seppur girate in super 8, dell’humus urbano di Napoli: i banchi del pesce tra i vicoli tufacei di via dei Tribunali, il campanile di piazza San Gaetano in pietra lavica nera, la statua bianca e settecentesca di Carlo III nella facciata di Palazzo Reale, i panorami da via Caracciolo, a mo’ di cartolina, con il golfo sormontato dal Vesuvio e dalle colline prospicienti, a testimoniare, se ce ne fosse bisogno, la felice orografia di questa città con i suoi vicoli e i suoi larghi degradanti verso il mare.
C’è rara presenza umana in questo inizio, ma è ben inquadrata una “clinica delle malattie mentali e nervose” forse a sottolineare in maniera simpatica e provocatoria che non è una città “facile”… E difatti non lo è!!
Il prequel si conclude con un cut brusco della pellicola, l’inquadratura del protagonista con sguardo riflessivo e rivolto verso il basso da una finestra alta e stretta (come lo sono quelle dei palazzi del centro) e in sottofondo le parole “Io te voglio bene assaie...
e tu non pienze a me!”

In questo l’autore, in maniera intelligente e romantica, dichiara tutto il suo amore per questa città, ma anche la sua rabbia e la voglia di cambiarla e volerla diversa. Difatti, in maniera provocatoria, appare immediatamente il fotogramma con il titolo “La fuga” e la voce narrante che recita “ogni giorno”.
La musica cambia genere e atmosfera, diventa sinistra: la corda di una nota bassa e l’organo sospeso e continuativo annunciano qualcosa di tragico (musicalmente, ricordando un po’ le atmosfere dei Coil).
Le immagini riprendono con il protagonista penserioso e rassegnato alla finestra: l’inquadratura è sulle piante e su una piuma che cade su di esse, l’attore la prende in mano e guardandola esprime con gli occhi che forse quella è una idea, una decisione da prendere, l’unica salvezza: la fuga.
Stacco di immagini e ci troviamo su di un terrazzo alla sommità di un palazzo del centro storico, il protagonista si sta imbracando con delle ali di piume come se fosse un angelo. L’organo si fa più tetro e la camera (una canon del 1965) inquadra il panorama circostante fatto di antenne televisive e parabole cresciute in maniera disordinata e senza regola alcuna (“la città di latta” come scrive Paolo Desideri, maestro e architetto sensibile) e le cupole settecentesche del barocco napoletano.
Contraddizioni che da sempre fanno di Napoli una città unica e fascinosa. L’ inquadratura gira sul protagonista e su particolari (le imbracature, le piume, le antenne, le facciate delle chiese) così come gira la camera nella scena di Wim Wenders del volo dell’angelo Cassiel (nel Cielo sopra Berlino e in Così lontano, Così vicino) quando sta per lanciarsi dalla statua della Vittoria. Ma è una tensione diversa: in Wenders il volo è la salvezza (Cassiel recita “Voi, voi che noi amiamo…” rivolgendosi agli umani) invece in questo corto, il volo rappresenta la fuga: "Nessuna idea è una cattiva idea".
E’ questo il messaggio profondo che vuole lanciarci l’autore che partendo da una pregevole interpretazione e rappresentazione del genius loci di questa città, ci vuole stimolare e far riflettere.
E’ quello che è scaturito dal dibattito che si è avuto dopo la presentazione del corto presso Caff’Emporio della libreria Masone nell’ambito di Cort’Ap*, la rassegna di cortometraggi con aperitivi del territorio” organizzata da CineFort Fest, BMagazine ed Art’Empori (un plauso per la passione ad Emilio Fabozzi, Lea Modola e Alessio Masone). Difatti l’autore interloquendo con una platea attenta, ha spiegato “io sono napoletano, ma sono anche inglese e forse sono una persona troppo sensibile nei confronti della vita in generale per rimanere impassibile davanti a ciò a cui dovrei essere "abituato". L'abitudine è in effetti il vero problema dei napoletani. Ci siamo abituati a tutto. Ci sappiamo adattare, arrangiare.”
E l’espressione "Nessuna idea è una cattiva idea" ha difatti un doppio significato
“Nessuna idea è da buttare; Non avere idee, è una cattiva idea”
Non si può che condividere questo atteggiamento profondo e soprattutto propositivo verso una città pregna di stimoli e che, al di là di tutto, rapisce: Napoli.
(“al di là” ma senza avere la retorica distruttiva di Giorgio Bocca)
Postilla: anche Derek Jarman, autore inglese che abbiamo trattato in questa rubrica ama e amava girare in super 8, ed un suo lavoro, tratto da un sonetto di Shakespeare si intitola The Angelic Conversation: coincidenze?
Se questi sono i suoi riferimenti ed il suo approccio, possiamo dire: “Iacopo Di Girolamo. Piccoli registi crescono… E continueranno a farlo”.
Giovanni Piacquadio


Video di approfondimento

Cosi Vicino, Cosi Lontano: il volo



La fuga
 



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