Sound&Vision: I ‘Dolori di Provincia’ e l’identità ritrovata

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NOSTRO SERVIZIO  - Il rapporto città-campagna tramutatosi in quello tra comune capoluogo e paese oggi è radicalmente mutato: la società industriale, ma soprattutto quella post-industriale, lo ha destrutturato; le vie del web, prima ancora di quelle fisiche, hanno accorciato, anzi completamente annullato, le differenze e le distanze: il mondo è diventato “piccolo”. Le relazioni, le occasioni di scambio e di crescita di Molinara, un piccolo borgo del Fortore, sono uguali a quelle di Benevento, capoluogo di provincia. La qualità di vita che può essere svolta in queste comunità risulta, anzi, di gran lunga superiore a quella dei centri più grandi, al punto che oggi, vivere in questi luoghi, è un privilegio. Le tariffe aeree low cost, il telelavoro, Skype, Facebook, ci consentono di vivere nel posto che più ci appartiene o in quello che noi sentiamo più vicino al nostro modo di essere e anche di avere scambi con il resto del mondo (ad esempio con quello australiano, tanto caro a queste terre).
E’ questo l’incipit, la riflessione intelligente, elaborata in maniera sarcastica ed autoironica, che sta alla base del cortometraggio “Dolori di Provincia”, diretto da Umberto Rinaldi e proiettato a Molinara domenica 30 ottobre, nella cornice di “pietra” di Palazzo Ionni. La pellicola era stata presentata fuori concorso al CineFortFestival 2011 la scorsa estate. Il Festival, nato 3 anni fa, è una rassegna di cortometraggi articolata in diverse sezioni in cui, accanto a pellicole girate in ambito nazionale, europeo ed extraeuropeo, ci sono poi lavori filmici sul Fortore che hanno lo scopo di guardare, raccontare, divulgare e anche denunciare, diventando, quindi, occasione di confronto, di scambio e di dibattito.
Nella sezione E-Laborando è nato questo laboratorio tradotto in immagini con il cortometraggio “Dolori di Provincia” (nel cast Donatella Capozzo, Pasquale Baldino, Daniele Marciano, Angela Capozzo, Giorgio Gentilcore), una video intervista alla comunità molinarese durante la festa patronale di San Rocco.
La scelta del periodo non è casuale: è il giorno in cui il paese fortorino si anima ed è mosso da amor patrio ma i due protagonisti, Rocco e Marco, devono far di tutto per non far emergere questa temporanea positività, convincendo gli intervistati a parlare male del vivere a Molinara (fondamentale un passaggio con voce fuori campo: “tutto questo è successo perché stavamo in questi giorni se no, non era accussì”).
Il lavoro diventa occasione invece per mettere a fuoco la memoria di questo luogo con persone che nelle epoche passate sono state costrette ad emigrare e con anziani che parlano della loro devozione a San Rocco; le tradizioni legate alla cucina, con il famoso olio con cui si accompagna un piatto tipico della cultura contadina (‘e patane a ‘nzalata) e l’odiata (da parte dei giovani) raccolta delle olive; l’identità del luogo come logos dello spazio con Molinara che diventa set cinematografico (non a caso molte riprese sono fatte con scenografie di “pietra”, “le nostre città di pietra”).
Un’esperienza per tutta la comunità (dalle persone anziane ai giovani) particolarmente sentita, come testimonia la calorosa partecipazione all’evento della proiezione. Il cortometraggio, girato volutamente con tecniche amatoriali (simpatico e vezzoso il rumore del microfono che sembrava quasi lo scampanio delle pecore al pascolo) e con inquadrature fisse proprie delle videointerviste, trova nel montaggio articolato e soprattutto nei vari backstage la vera essenza del messaggio di questo lavoro: ironizzare in maniera intelligente (e non veritiera) sul “dolore” di vivere nella “provincia della provincia”.
In questo lavoro emerge, in maniera meno evidente ma più profonda, anche il senso di appartenenza ad una comunità, soprattutto attraverso la sequenza sulla “matinata” (uno stornello storico): tra la notte del 15 e 16 agosto la popolazione molinarese, accompagnata dalla banda musicale locale, gira per le strade del paese per portare "la matinata" a tutta le famiglie. E’ la testimonianza di uno dei momenti di forte aggregazione sociale della comunità (il percepirsi come attori di vita comune in un luogo). Dalla strade, dai vicoli, dalle case alla piazza principale, un percorso per vivere quel “senso di appartenenza”, di uguaglianza, di  scambio e anche di libertà.

"Portamo la matinata …..co' collerezza e contentezza, domani matina a sente la santa messa" (matinata - stornello storico molinarese)

Giovanni Piacquadio


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