Sound&Vision: Giovanni Francesca 'Genesi'

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Ricevere la segnalazione di un amico, come spesso avviene tra gli appassionati di musica, e scoprire che è un gran bel disco. E’ quello che è accaduto quando ho ascoltato per la prima volta questo lavoro di Giovanni Francesca ”Genesi”.

E’ un cognome che sa di queste terre ma senza alcuna nota bibliografica o cartella stampa e senza nessuna ricerca preascolto l’ho buttato in Itunes e ho scoperto armonie musicali e riferimenti artistici che non ti immagineresti, ma che fa piacere ritrovare.

Il lavoro inizia con Carillon le cui note iniziali di chitarra, isolate ed evocative, richiamano i primi Tortoise di Glass Museum in "millions now living will never die" (i migliori interpreti del post-rock e della musica avanguardistica in ambito rock prodotta in questi anni, almeno a parere di chi scrive), e su questo si insinua un basso profondo alla Eberhard Weber (tra i grandi ricercatori delle sonorità dello strumento, collaboratore in ambito pop di Kate Bush e pubblicato dalla ECM, a testimoniare la sua valenza); voci campionate in sottofondo, note allungate di chitarra fanno da apripista all’assolo di Francesca che da pathos all’intero brano creando quelle atmosfere care a questo genere. Viene voglia di rimetterle daccapo il brano. Beh, come inizio non poteva essere migliore: ci troviamo di fronte ad un musicista che ha riferimenti e coordinate musicali delle più colte.

Mi accingo quindi con gran curiosità a fare una ricerca e scopro che accanto ad una solida formazione di base (diploma in chitarra classica al Conservatorio di Benevento), si è accompagnato con i maggiori autori italiani.

Il lavoro prosegue con le note pizzicate di un contrabbasso che aprono Risveglio, un brano dalle sonorità mediterranee giocate con il contrappunto tra la chitarra acustica e gli archi che accompagnano e fanno sognare. In Genesi, brano che da il titolo all’album, abbiamo i fiati suonati con tonalità basse (il trombone del talentuoso e affermato Alessandro Tedesco in primo piano) che si rincorrono con la chitarra e il vibrafono, dando al tutto atmosfere alla Pat Metheny Group del periodo con Lyle Mays. Il lavoro prosegue nel suo svolgimento e naturalmente si incentra sulla chitarra di Giovanni Francesca. Ma non è un album di chitarra, uno di quelli monotoni e tecnicismi: è molto equilibrato e aperto dove la chitarra dell’autore e compositore di tutti i brani fa da apripista, da legante ad atri attori come ad esempio in Manima in cui c’è il fraseggio tra chitarra e la splendida Tromba di Luca Aquino (non ha bisogno di presentazioni, come già scritto altre volte) e gli interventi puntuali del violino di Luca Tiseo, anch’esso molto bravo.

E’ davvero ben arrangiato e suonato e solo musicisti di talento potevano realizzare un disco di questa pregevole fattura; non perché vanno citati ma perché davvero vanno riconosciuti i loro meriti che ricordiamo alla sezione ritmica (Marco Bardoscia, Davide Costagliola e Dario Miranda al basso e al contrabbasso, Gianluca Brugnano e Stefano Costanzo alla batteria), ai fiati (Luca Aquino alla tromba e al flicorno, Alessandro Tedesco al trombone), agli archi (Raffele Tiseo al violino e Cristiano della Corte al violoncello), e infine al piano Antonello Rapuano.

E poi c’è Marisol, brano da cui sono stato letteralmente rapito, vuoi perché il suo inizio è così slow core nelle atmosfere (Slint o ancor di più Mark Kozelek dei Red House Painters), vuoi perché le tastiere sanno di folata di vento in punta di piedi e la chitarra solista è lasciata andare in note allungate in una melodia che è talmente bella da poter essere il tema principale di una colonna sonora di un film… Uno di quelli dal finale struggente e ricco di melancholia.

Se è questa la “Genesi”… il risultato finale è stato anche migliore!

Giovanni Piacquadio


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